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sabato 28 gennaio 2023

Ugo Bardi: traditore del catastrofismo. (ovvero, perché il collasso non è un evento, ma un processo)

Tu, Reginaldo, traditore tre volte: traditore di me come mio vassallo temporale, traditore di me come tuo signore spirituale, traditore di Dio nel profanare la Sua Chiesa. (TS Eliot, "Assassinio nella cattedrale") 


Circa dieci anni fa, l'amico e collega Massimo Nicolazzi scriveva che l'inversione del trend discendente della produzione di petrolio negli Stati Uniti non poteva più essere trascurata. Ho commentato dicendo che si trattava di un flash di breve durata che non poteva durare a lungo.

Si è visto poi che Nicolazzi aveva ragione e io torto. Ormai, la crescita della curva della produzione petrolifera statunitense dura da più di dieci anni ed è ancora in corso: non è stata solo un'oscillazione di breve durata. Certo, non può durare per sempre ma, per il momento, ha cambiato tutto. Ad esempio, ha riportato l'impero americano sulla via del dominio mondiale teorizzata dai neocon negli anni '90. 

Ciò significa che la teoria del "picco del petrolio" di Hubbert è sbagliata e deve essere scartata? Ovviamente no. Significa solo rafforzare alcune delle regole di base dei sistemi complessi. Ad esempio, quello che dice "i sistemi complessi ti sorprendono sempre", oppure anche " non prendere mai un esempio come una regola ".

Quindi, quando si ha a che fare con il crollo (che io chiamo il "Seneca Cliff", o "Dirupo di Seneca") dovremmo sempre ricordare che il  crollo non è un evento, è un processo. I crolli hanno una storia, sono il risultato dell'interazione di più fattori, e allo stesso modo i processi che generano il collasso possono anche generare il suo contrario, che io tendo a chiamare il "rimbalzo di Seneca", è normale, non c'è nulla di definitivo nell'universo, i crolli esistono perché  il vecchio deve lasciare spazio al nuovo. 

Di recente, per un altro cambiamento inaspettato, ho identificato una nuova tendenza : la rapida crescita della produzione di energia rinnovabile in tutto il mondo. Una tendenza che può essere ben descritta da alcuni recenti studi in termini di EROEI (energia restituita per energia investita) delle rinnovabili che è diventato parecchie volte superiore a quello dei combustibili fossili. Non c'è da stupirsi che stiamo assistendo, o lo vedremo presto, a un effetto porta girevole nella produzione di energia. Fuori i fossili, dentro le rinnovabili.  La storia fa rima, come al solito!

Quindi, proprio come l'affermazione di Nicolazzi sul tight oil era odiata dagli estremisti del picco del petrolio (incluso me), le mie affermazioni sulle rinnovabili sono state interpretate come un'offesa mortale dagli estremisti catastrofisti. Non si può credere quanto siano stati sgradevoli i loro commenti: oltre a bollarmi come un incompetente, un idiota e ignorante delle leggi fondamentali della fisica, il catastrofismo sembra essere strettamente legato al cospirazionismo, quindi c'è chi ha scritto che non posso dire la verità perché sono ricattato dai poteri forti (no, davvero, qualcuno ha scritto proprio così!). 

Il problema è che la scienza dei sistemi complessi non è mai bianca o nera. Non ammette verità assolute, né è gentile con le persone che vivono tra compiacenza e panico (le due modalità di funzionamento degli esseri umani secondo James Schlesinger). La scienza dei sistemi complessi è, beh, complessa e ha bisogno di un po' di flessibilità mentale per essere compresa. Non che ci vogliano capacità mentali sovrumane, niente affatto. È solo che devi liberarti dal modo schematico di ragionare che normalmente viene imposto a tutti noi dai media. 

Ho cercato di spiegare questi punti nel mio libro "Before Collapse" -- che è stato recentemente tradotto in spagnolo. Jorge Riechmann ha scritto una prefazione all'edizione spagnola dove fa un ottimo lavoro nel riassumere i punti principali del libro. Mi chiama " un collapsologo molto ottimista ", che potrebbe essere una buona definizione se capisci che non significa che i collassi non esistano. Esistono eccome! È solo che dobbiamo imparare a convivere con loro. 

 

La prefazione del libro in versione spagnola "Before Collapse", tradotta in Italiano. La versione inglese è disponibile a questo link . 


Collassare Meglio (Note su un libro ottimista sui collassi)

Di JORGE RIECHMANN

(Pubblicato come introduzione al libro di Ugo Bardi Antes del colapso , edito da Los libros de la catarata nel 2022). 


1 Al culmine dell'ondata di caldo del giugno 2022, l'antropologo francese Sylvain Perdigon ha ricordato come nel 2014 una meteorologa della TV francese abbia presentato le ipotetiche previsioni del tempo per il 18 agosto 2050 come parte di una campagna per allertare sulla realtà del cambiamento climatico. Ora la sua previsione di temperature estreme per quel giorno lontano era diventata la previsione effettiva per metà giugno 2022.[1] Le previsioni del tempo per il 2050 sono ora quelle reali.

Per quanto riguarda la crisi ecosociale e la tragedia climatica, tutto sta sistematicamente andando sistematicamente peggio del previsto, come ci ricorda spesso Ferran Puig Vilar. Ad esempio, il danno che i climatologi si aspettavano diventasse visibile a metà del 21° secolo è già qui con noi. "L'umanità sembra intenzionata a giocare a un micidiale gioco della roulette russa in cui il clima terrestre è un'arma carica", scrive il professor Ugo Bardi in questo libro.

2 Stiamo vivendo una fine del mondo. Non la fine del mondo: Madre Terra sarà ancora lì. I livelli base della vita su Gaia[2] - batteri, archaea, funghi, alghe, licheni e molti tipi di piante - sono straordinariamente resistenti. Ma il mondo come l'abbiamo conosciuto - la Terra familiare e facilmente abitabile dell'Olocene - si sta auto-distruggendo davanti ai nostri occhi; e gli sforzi disperati di molte persone per aggrapparsi a quella normalità familiare - e ora del tutto irrecuperabile - non alleviano la nostra situazione, anzi la aggravano.

Non è la fine del mondo - non è la morte di Gaia, non è la fine della vita sul pianeta Terra - ma è la fine del nostro mondo. Cosa si fa in una situazione del genere?

3. Ad esempio, leggere Ugo Bardi. Persone vicine ai Libros de la Catarata conoscono già il professore fiorentino: è stata un'ottima idea tradurre e pubblicare nel 2014 il suo libro I limiti dello sviluppo rivisitato, un'analisi approfondita e lucida di quell'importantissimo libro del 1972, I limiti dello sviluppo, il primo rapporto al Club di Roma. A cinquant'anni dalla pubblicazione di quell'opera pionieristica (utilizzando la modellazione del sistema mondo grazie alla dinamica dei sistemi), che permise di comprendere la tendenza all'overshoot seguita dal collasso che caratterizza le società industriali, è il momento opportuno per recupera quel primo libro di Bardi in spagnolo - e sarebbe un ottimo accompagnamento a quello che ora tieni tra le mani, caro lettore, lettore curioso.[3][4] The Limits to Growth Revisited, il primo libro di Bardi in spagnolo,

4. Ugo Bardi, teorico dei sistemi complessi (quei sistemi che presentano forti effetti di retroazione, li definisce a un certo punto di questo libro),[4] riflette da più di un decennio sull'"Effetto Seneca" partendo da una prima intuizione nel 2011;[5] nella primavera del 2017 ha pubblicato The Seneca Effect: Why Growth is Slow but Collapse is Rapid (Springer, 2017); poi, nel 2020, Before the Collapse, questo secondo libro sull'effetto Seneca che ora è tradotto in spagnolo. Se si dovesse chiamare qualcuno collapsologo in senso proprio, per il suo impegno per una comprensione quanto più oggettiva e razionale possibile di questo genere di fenomeni, sarebbe il professor Bardi, del Dipartimento di Chimica dell'Università di Firenze.

La forte interconnessione tra i sottosistemi di un sistema complesso può portare, a seguito dell'impatto di una perturbazione su uno o alcuni di questi nodi o sottosistemi, al collasso dell'intera rete. Così, lo sviluppo di sistemi complessi risponde spesso a quello che il professor Bardi chiama L'Effetto Seneca: è un processo asimmetrico, dove la crescita è lenta e il declino è molto marcato. La catastrofe arriva molto prima di quanto la nostra intuizione si aspetterebbe e tende a coglierci alla sprovvista.

Si occupa anche, in queste pagine, dei precipizi di Seneca, delle strozzature di Seneca, dei rimbalzi di Seneca: il filosofo cordovano dà molto gioco nelle mani del fisico-chimico fiorentino.

5. Se in un libro la parola superamento compare già nella prefazione, come qui, abbiamo un'indicazione che probabilmente parlerà di cose essenziali.

E a proposito di overshoot ecologico seguito da collasso, vorrei qui segnalare quella che mi sembra una contraddizione interna tra le spiegazioni proposte dal nostro autore. A un certo punto sostiene che "se le élite americane hanno deciso che non c'è speranza di salvare il mondo intero, la cosa logica da fare è entrare in 'modalità inganno' e lasciare morire la maggior parte delle persone": ecco perché Donald Trump e il Partito Repubblicano sono negazionisti del clima. Non è che ignorano la realtà dei fatti biofisici di base, ma accettano un genocidio su larga scala da cui le élite saranno risparmiate. In un secondo momento, però, il professore fiorentino suggerisce il contrario: «Nessuno sembra capire che il problema, oggi, non è allargare i confini del proprio Paese,

6. Bardi insiste molte volte che "il collasso non è un errore, è un tratto caratteristico" dei sistemi complessi nell'Universo in cui abitiamo (p. 40). Anche se non possiamo evitare tutti i collassi (e ogni sistema complesso collasserà, con un tempo sufficiente), possiamo almeno provare a prepararci a loro e collassare meglio. Before the Collapse (titolo che suggerisce un doppio significato: prima del crollo, sì, ma anche di fronte al crollo) è una buona guida per quel viaggio, e i frequenti tocchi di umorismo con cui l'autore sdrammatizza il suo argomento di studio, di per sé - non è necessario insistere - molto drammatiche, sono apprezzate. Insieme all'umorismo, l'ampia contestualizzazione (in definitiva in un contesto cosmico e della Grande Storia) è un'altra risorsa che aiuta a sdrammatizzare.

7. Qualcosa di molto attraente del professor Bardi è il suo appetito interdisciplinare. Un appetito che finalmente prende forma in una cultura molto ampia, non solo in materia di chimica e fisica ma anche di materie umanistiche (con particolare attenzione alla storia): il suo lavoro offre molti materiali per quella Terza Cultura (costruire ponti tra scienze naturali, scienze sociali e umanistiche) che Francisco Fernández Buey ci chiedeva.[6][7].

8. Il collasso non è un fallimento dei sistemi complessi, insiste il professore fiorentino, ma una caratteristica del loro modo di funzionare: l'Universo è così. Sarebbe una posizione pessimista? Ma il pessimismo è vietato nelle nostre fila! Se non si manifesta almeno un ottimismo sufficientemente muscolare della volontà, si rischiano severi rimproveri.

Ebbene: contro l'ottimismo forzato a cui tanti prescrittori vorrebbero sottoporci a destra e a manca (perché il pessimismo, si dice spesso, smobilita e funziona come una profezia che si autoavvera), lo sforzo razionale di Bardi per comprendere le dinamiche del collasso è molto molto da accogliere. (Confesso che, avendo esaurito rovinosamente il ciclo di mobilitazione emancipatrice del movimento 15-M (gli spagnoli " indignados ", gli "oltraggiati"), sentire l'aggettivo "illusionario" in contesti di dibattito politico mi fa ribollire le viscere piuttosto che sollevarmi spiriti). E per chi preferisce non pensare a nessun tipo di collasso senza santificarsi, c'è già l'energica e contro-apocalittica Rosi Braidotti, o la più prossima Zamora Bonilla.[7] 

9. Bardi è un collassologo molto ottimista. Lo sa chiunque abbia seguito il suo coinvolgimento nei dibattiti sulle transizioni energetiche nell'ultimo decennio. Questo ottimismo si manifesta ad esempio in un articolo come "La via del seminatore: una strategia per raggiungere la transizione energetica",[8] la sua particolare Parabola del seminatore evocata anche in questo libro, piena di fiducia nella possibilità tecnica di un buon passaggio alle fonti energetiche rinnovabili. Tuttavia, il suo realismo socio-politico lo porta a moderare questo ottimismo tecnologico: una tale transizione sarebbe possibile, sì, ma è estremamente improbabile a giudicare dal corso politico che stanno seguendo le nostre società.

Al direttore della CIA e segretario alla Difesa degli Stati Uniti James Schlesinger è attribuita un'osservazione che Bardi riprende più volte in questo libro: gli esseri umani avrebbero solo due modi di operare, l'autocompiacimento e il panico. Per smentirlo, sarebbe necessario che i nostri processi di riflessione e deliberazione ci permettano di prepararci veramente (su scala socialmente significativa) per un futuro di cui non sapremo mai la configurazione, ma la cui struttura di collasso ecosociale è oggi ben distinguibile. L'intero sforzo dispiegato in questo lavoro ha lo scopo di fornirci gli strumenti intellettuali per tale compito.

10. Insieme alla storia dell'imperatrice romana Galla Placidia, il Giappone nel periodo Edo è un secondo grande esempio storico positivo da cui possiamo imparare a pensare alle transizioni verso la sostenibilità. "Ciò che ci racconta la storia di Edo Japan corrisponde a ciò che sappiamo sui sistemi complessi: tendono alla stabilità. In altre parole, la nostra attuale fissazione per la crescita potrebbe essere solo una stranezza della storia destinata a scomparire in futuro quando saremo costretti a vivere entro i limiti dell'ecosistema terrestre." Tuttavia, avverte Bardi nel 2020 con parole che assumono una cupa risonanza nel 2022, «c'è una condizione di cui abbiamo urgente bisogno per questo: la pace, come ci dice l'esperienza di Edo». Lungi dal portare avanti una pacificazione delle relazioni internazionali che consenta di far fronte ai processi di collasso ecosociale in atto, il 24 febbraio,

In questi tempi fatidici, El País scrive con esaltazione sull'Unione Europea come "nuova potenza geopolitica" (1 marzo 2022). Anche David Rieff, nella pagina accanto, sottolinea che "l'Europa sta entrando in una nuova era di hard power". Laddove avremmo bisogno di gaia-politica e di un livello senza precedenti di cooperazione internazionale, la vecchia geopolitica della competizione distruttiva tra gli stati-nazione e i blocchi che stanno formando si sta approfondendo: un mondo di "Imperi combattenti" (Rafael Poch de Feliu) [9] E il quadro generale è un ecocidio che include nel suo seno tutti i tipi di promesse di genocidio.

Il mondo già pessimo che avevamo si sta trasformando, sotto i nostri occhi spalancati, in uno molto peggiore. "Non si sarebbe mai dovuto arrivare a questo" potrebbe essere la risposta a quasi tutto ciò che ci sta accadendo. Ma ci siamo già, e da lì tocca a noi agire ora... Ricordando, ad esempio, questi versi di Brecht:[10]

Quando comincerà la guerra/ i tuoi fratelli potranno essere trasformati/ e i loro volti potranno non essere più riconoscibili/ ma tu devi rimanere lo stesso/ andranno in guerra, non/ come macello, ma/ come lavoro serio. Tutto/ avranno dimenticato. Ma tu/ non devi dimenticare nulla.// Ti verseranno acqua di fuoco giù per la gola/ come gli altri. Ma devi rimanere sobrio.

11. Tenendo presente tutto il gioco che il cosiddetto " senequismo " spagnolo ha dato nella storia delle idee nel nostro paese (con contributi eccezionali come quelli di Ángel Ganivet o María Zambrano), e come a volte il filosofo stoico romano nato a Cordoba sia arrivato a incarnare il saggio per eccellenza nell'immaginario popolare spagnolo (in modo tale che l'espressione "è un Seneca" è usata per lodare la saggezza di qualcuno), non è male che il filo conduttore della riflessione di Bardi sia proprio un pensiero del filosofo cordovano. crollo in una delle sue lettere a Lucilio: "Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza se le cose potessero essere restaurate appena sono distrutte; ma è vero il contrario: la crescita è lenta, ma la rovina è rapida».[11] Declineremo, ma potremmo crollare.

Crolleremo, ma potremmo crollare meglio. Bardi delinea una strategia di Seneca che può aiutarci in questo: accettare che il cambiamento è necessario e che, in molti casi, opporvisi porta a un collasso più rapido. Accettare l'inevitabile ci permetterà di prepararci meglio al collasso (e forse anche di evitare il collasso): "La strategia di Seneca non è contrastare la tendenza del sistema ad andare in una certa direzione, ma guidarlo in modo tale che il collasso non non devono verificarsi. La chiave della strategia è impedire al sistema di accumulare così tanta tensione da essere poi costretto a scaricarla bruscamente. Verso la fine del libro viene suggerita una nozione di eco-stoicismo,[12] poco prima di ricordare la stimolante e inedita storia di Galla Placidia, l'ultima imperatrice romana.

12. Scriveva anche Seneca: "Vivi ogni giorno come se un giorno fosse tutta la tua vita". Consigli niente male per tempi difficili come i nostri. Di Bardi possiamo anche dire: questo ragazzo è un Seneca!


Appunti

[1] Tweet del 15 giugno 2022: https://twitter.com/sylvaindarwish/status/1537181101357256704

[2] Vale la pena qui ricordare che Ugo Bardi è uno dei difensori scientifici della teoria di Gaia: si veda ad esempio il suo saggio "Gaia esiste! Ecco la prova" sul blog Cassandra's Legacy, 4 agosto 2019; https://cassandralegacy.blogspot.com/2019/08/gaia-exists-here-is-proof.html . Per la sua idea di Gaia come olobionte, vedi ad esempio https://cassandralegacy.blogspot.com/2020/06/gaia-is-one-of-us-onward-fellow.html

Bardi, la cui effervescenza intellettuale ci rallegra e talvolta ci travolge, ha recentemente aperto un nuovo e stimolante blog sui Proud Holobionts (vedi ad es. https://theproudholobionts.blogspot.com/2022/06/survival-of-fittest-or -non-sopravvivenza-di.html ). Il testo introduttivo di quel blog recita:

Siamo tutti olobionti: gruppi di organismi che si aiutano a vicenda. Come esseri umani, non potremmo sopravvivere senza i microrganismi che popolano i nostri corpi. Ma tutte le creature viventi sulla Terra sono olobionti e l'ecosistema stesso è un gigante olobionte (che alcuni chiamano "Gaia"). Il concetto di olobionte può essere utilizzato anche per strutture, imprese, stati, idee e ideologie non biotiche reali e virtuali, nonché per il comportamento delle idee ("memi") sul World Wide Web. Il termine holobiont è stato introdotto da Lynn Margulis nel 1991. È stata anche co-sviluppatrice del concetto di Gaia.

[3] Bardi ricorda parte della sua analisi de I limiti dello sviluppo nel primo capitolo di questo libro, "The Science of Doom: Shaping the Future".

Consentitemi una piccola digressione. Il negazionismo dei limiti biofisici che prevale nella cultura dominante può essere ben studiato attraverso due casi esemplari: quello che può essere definito il "caso Georgescu Roegen" e poi il "caso Limits to Growth" negli anni '70 (sul primo si veda il nostro libro Bioeconomics for the 21st Century Actualidad de Nicholas Georgescu-Roegen, a cura di José Manuel Naredo, Luis Arenas e Jorge Riechmann in Catarata, Madrid 2022). E poi, dagli anni '90 in poi, è impressionante il rifiuto di affrontare il riscaldamento globale, che è spettacolarmente illustrato dal "caso Nordhaus". William Nordhaus, uno degli economisti più bellicosi contro I limiti dello sviluppo dal 1972, è stato insignito del cosiddetto "Premio Nobel" per l'economia nel 2018. Nel suo discorso di accettazione a Stoccolma, questo economista neoclassico ha suggerito che la "politica ottimale" per affrontare il cambiamento climatico si tradurrebbe in un "riscaldamento globale accettabile" di circa 3°C entro il 2100 e 4°C entro il 2150! I climatologi (e gli scienziati di altre discipline), a differenza degli economisti neoclassici (che purtroppo sono arrivati ​​a dominare la loro disciplina, annullando i rivali che sostenevano teorie economiche più ragionevoli), ritengono che un riscaldamento globale di questa portata sarebbe catastrofico (probabilmente incompatibile con la mera sopravvivenza della specie umana). Questa è la follia del BAU (Bisnes Comodecustom)... a differenza degli economisti neoclassici (che purtroppo sono arrivati ​​a dominare la loro disciplina, annullando i rivali che sostenevano teorie economiche più ragionevoli), ritengono che un riscaldamento globale di questa portata sarebbe catastrofico (probabilmente incompatibile con la mera sopravvivenza della specie umana).

[4] “Un sistema è complesso se, e solo se, esibisce forti effetti di feedback. Ogni giorno ci confrontiamo con sistemi complessi: animali, persone, organizzazioni, ecc. Non è difficile capire cosa è complesso e cosa no : dipende se la reazione alle perturbazioni esterne è dominata o meno dal feedback. Pensa a un sasso paragonato a un gatto..."

[5] Vedi il suo blog https://thesenecaeffect.blogspot.com/

[6] Francisco Fernández Buey, Para la Tercera Cultura (a cura di Salvador López Arnal e Jordi Mir), El Viejo Topo, Barcellona 2013.

[7] Buon commento in Asier Arias, "¿Quién son los contra-apocalípticos?", nella raccolta artigianale di testi nella rivista digitale 15/1515 numero -8 ½, primavera 2022, p. 69-77. Anche su https://www.15-15-15.org/webzine/2021/09/11/quienes-son-los-contra-apocalitticos/

[8] Ugo Bardi, Ilaria Perissi, Denes Csala e Sgouris Sgouridis: "La via del seminatore: una strategia per raggiungere la transizione energetica", International Journal of Heat and Technology vol. 34, numero speciale 2, ottobre 2016; DOI: https://doi.org/10.18280/ijht.34S211 ; https://www.researchgate.net/publication/316337020_The_Sower's_way_to_strategy_to_attain_the_energy_transition.

[9] Si veda ad esempio Rafael Poch, "Lo que nos van explicando sobre la guerra", ctxt, 1 maggio 2022; https://ctxt.es/es/20220501/Firmas/39740/Rafael-Poch-Rusia-Putin-ucrania-guerra-origen-otan-europa-estados-unidos-imperios-combatientes-consecuencias.htm

[10] Bertolt Brecht, Más de cien poemas. Hiperión, Madrid 2005, p. 211.

[11] Riporto la traduzione di Francisco Navarro, Epístolas morales de Séneca, Madrid 1884, p. 370.

[12] Potremmo parlare di un eco-stoicismo taoista che si articola in considerazioni come questa: «Come tutti gli esseri umani, gli stoici avevano i loro limiti, ma credo che Seneca e altri come Epitteto e Marco Aurelio abbiano compreso un punto fondamentale che la maggior parte dei loro contemporanei dimenticavano, proprio come spesso dimentichiamo. È che i sistemi complessi vengono gestiti meglio "seguendo il flusso" piuttosto che cercando di forzarli nella forma che vogliamo. Questo può effettivamente peggiorare le cose, come un altro moderno ci ha detto il filosofo Jay Forrester quando ha parlato di 'spingere le leve nella direzione sbagliata'".

venerdì 8 luglio 2022

Limits and Beyond: il messaggio di Dennis Meadows. Un commento al 3° capitolo

 





Ian Sutton continua a recensire sul suo blog i capitoli del nuovo report recentemente pubblicato al Club di Roma, "Limits and Beyond" ( Exapt Press 2022 )


Abbiamo rivisto i primi due capitoli del nuovo libro Limits and Beyond . Le recensioni possono essere trovate su The Yawning Gap (Capitolo 1) e No More Growth (Capitolo 2) . In questo post diamo uno sguardo al terzo capitolo, scritto da Dennis Meadows, coautore dell'originale "Limiti alla Crescita" (noto in Italia come "I Limiti dello Sviluppo). Il dottor Meadows riferisce di aver tenuto oltre mille presentazioni a un pubblico molto ampio. In questo capitolo l'autore riassume “19 delle domande, commenti e obiezioni più comuni” che ha ricevuto nel corso degli anni. Alcune delle sue intuizioni sono le seguenti:

  • Il modello World3 continua ad essere più utile dei “molti modelli avanzati dagli economisti che hanno confutato il nostro lavoro sin dalla sua prima pubblicazione”.
  • Distingue tra modelli fisici e sociali. Possiamo prevedere con certezza le eclissi solari o il punto di fusione del ghiaccio, ma non possiamo prevedere come agiranno gli esseri umani. Pertanto, il fatto che i computer moderni siano molto più potenti delle loro controparti del 1972 non è necessariamente più utile. (Gli ingegneri esprimono la stessa distinzione quando parlano della differenza tra precisione e accuratezza. "Quando hai una sciocchezza, non importa quanto la analizzi, è ancora una sciocchezza". Oppure, "Un ingegnere è qualcuno che moltiplica 2 per 2 su un regolo calcolatore, ottiene una risposta di 3,9 e approssima a 4”.)
  • “Il cambiamento climatico non era una preoccupazione seria 50 anni fa”. Il Dr. Meadows sostiene che il modello è comunque ancora valido perché "eliminarlo magicamente lascerebbe comunque altri gravi problemi". In altre parole, il cambiamento climatico non è una causa principale; invece è un sintomo di cause profonde più profonde.
  • La minaccia più grande è per il nostro tessuto sociale.
  • Conclude dicendo che il, “. rapporto non ha apportato cambiamenti distinguibili nelle politiche dei leader mondiali”. Tuttavia, ha influenzato il pensiero di molte persone.

Il fatto che il dottor Meadows abbia lavorato così duramente per trasmettere il messaggio di Limits to Growth è impressionante. La domanda rimane, tuttavia, "Perché tale comunicazione per lo più non è riuscita ad avere un impatto distinguibile sul corpo politico?"
Dennis Meadows Limiti alla Crescita
Dennis Meadows
La comunicazione è, ovviamente, un'arma a doppio taglio. Persone come il dottor Meadows parlano, ma altri devono ascoltare. E, come faccio notare in The Coffee Shop e Small Potatoes , la stragrande maggioranza delle persone non "capisce". Nella migliore delle ipotesi, vedono il cambiamento climatico solo come un problema tra i tanti. Forse hanno la sensazione che affrontare i limiti della crescita significhi fare sacrifici e la maggior parte delle persone non vuole andarci. 

Un messaggio che abbiamo sicuramente appreso che presentare semplicemente informazioni ben studiate non è sufficiente. È possibile che abbiamo bisogno di un qualche tipo di "punto di svolta sociale" come ho discusso in Necessario: un punto di svolta .

martedì 23 agosto 2016

Prevedere il futuro

di Jacopo Simonetta


Prevedere il futuro è sempre stato il sogno degli uomini, ma non ci siamo ancora riusciti e non ci riusciremo, se non con molta, moltissima approssimazione.
In tempi remoti ci abbiamo provato scrutando le viscere degli animali sacrificati, la posizione degli astri e molto altro ancora. Cose che ora consideriamo ridicole, malgrado siano state praticate da molte delle persone più intelligenti della storia.   Attualmente ci proviamo costruendo macchine calcolatrici pazzescamente complesse, su cui girano programmi incredibili, ma il risultato è spesso deludente.   Ci cono delle buone ragioni perché sia e rimanga così.

Sistemi a sorpresa.
Il maggiore aiuto agli "auguri" odierni viene da una branca della scienza particolarmente nuova e seducente: la Dinamica dei Sistemi.   Uno dei principali ricercatori e divulgatori di questa branca scientifica fu la compianta Donella Meadows che, fra le tante altre cose, ci ha insegnato che  i sistemi complessi facilmente sorprendono coloro che li studiano.   Anche quando sono molto bravi.
Facciamo subito due esempi, per capire il problema.
La bomba demografica:   50 anni fa, molti si aspettavano che negli anni ’70 ci sarebbero state grandi carestie che, viceversa,  non si sono viste.   Allora la bomba non esiste?   Certo che esiste ed è anche esplosa facendo un botto che sta facendo tremare l’intero assetto geopolitico mondiale.   Fra l’altro, sta trasformando il mondo arabo in un'inferno, rischia di mandare in frantumi l’Unione Europea e forse contribuirà a portare uno come Trump alla presidenza degli Stati Uniti.   Vi pare poco? Solo che l’esplosione è avvenuta 40 anni dopo il previsto ed in modi per ora molto diversi da quello che si pensava negli anni ’70.

Cinquanta anni addietro si considerava buono un raccolto di grano di 40 q/ha e le gente era strettamente vincolata al paese d’origine.   I trasporti ed il mercato internazionali erano limitati.   Prevedere che la crescita demografica avrebbe provocato carestie ancora peggiori di quelle avvenute negli anni ’60 era quindi logico.    Ma anche se l’analisi era corretta, era comunque parziale ed il sistema ha reagito in modo imprevisto.    Innanzitutto la “petrolizzazione” dell’agricoltura ha permesso di accrescere per parecchi decenni le rese agricole in maniera spettacolare.
In secondo luogo, la fine della guerra fredda e la globalizzazione hanno permesso a milioni di persone di spostarsi da uno stato all’altro senza che gli sparassero addosso.   Un fatto impensabile 40 anni addietro.
In terzo luogo, lo sviluppo dei commerci internazionali e dei trasporti consentono di far affluire derrate in qualunque parte del mondo, salvo impedimenti specifici.   Così lo scoppio della bomba demografica non c’è stato come previsto a quota  5 miliardi di persone, bensì una volta raggiunti i 7.    Ma soprattutto non ha preso la forma di grandi carestie, bensì di grandi migrazioni.   Per il momento.
E’ chiaro che negli anni a venire le cose cambieranno, ma sarebbe molto azzardato dire come poiché cambiamenti importanti avverranno contemporaneamente in diverse parti del sistema, cambiandone il comportamento in modo probabilmente sorprendente.
Il picco del petrolio.   Previsto da molto tempo per la prima decade del XXI secolo, il picco del petrolio convenzionale è puntualmente avvenuto a cavallo del 2005, ma anziché scatenare corsa dei prezzi e carenza cronica, per ora ha portato ad un relativo crollo dei prezzi ed una sovrabbondanza di petrolio tale da mettere in crisi l’industria del carbone.
Anche in questo caso, i modelli derivati da Hubbert non erano sbagliati, ma erano parziali.   Nella fattispecie, non si era tenuto sufficientemente conto di due fattori che, a posteriori, si sono dimostrati fondamentali: il rapidissimo ed enorme sviluppo dei petroli “non convenzionali” e la gravità della crisi economica globale.   Quest’ultima, a sua volta, in parte legata alla scarsa efficienza energetica di molti fra i giacimenti messi precipitosamente in produzione nei 10 anni scorsi.   Il risultato è stato un’erosione dei margini di guadagno dell’industria petrolifera, a fronte di un prezzo al consumo dei prodotti finali che rimane comunque alto.   In pratica, non è il petrolio che manca, bensì l’energia netta per l’industria, il che concorre a produrre una crisi economica apparentemente senza uscita che, a sua volta, deprime i consumi e strangola l’industria.
Anche in questo caso, l’unica previsione che non teme smentite è che questa situazione cambierà drasticamente e rapidamente, ma prevedere in quale direzione sarebbe molto azzardato.   Il numero di variabili coinvolte e la loro parziale interdipendenza rendono il sistema intrattabile nella sua totalità.

Conclusione.

Per non sbagliare, dovremmo considerare il sistema Terra nel suo insieme con tutte le sue variabili, ma ciò è semplicemente impossibile.   Molte delle variabili non sono neanche conosciute e, comunque, sarebbe troppo complicato.   Dunque dobbiamo necessariamente considerare dei sotto-sistemi che dobbiamo in qualche modo isolare dal resto, ma si tratta sempre di un esercizio di approssimazione i cui risultati sono da valutare a posteriori, caso per caso.

In questa scelta possiamo optare per sotto-sistemi grandi, ma allora possiamo considerare solo poche variabili molto aggregate, come fu fatto con Word3, e necessariamente si perdono i dettagli.   Oppure possiamo considerare sistemi molto parziali, ad esempio il prezzo del petrolio, ma in questo caso si perdono le connessioni con altri fattori determinanti del contesto n cui evolve ciò che si studia.
L’abilità del ricercatore, in definitiva, consiste in gran parte nello scegliere i limiti del sotto -sistema da studiare.   Limiti spaziali, temporali e funzionali.   Quindi bisogna capire quali sono le variabili principali nel particolare contesto che si è scelto.   La qualità del risultato dipende in gran parte da questo.   Insomma, l’intuito è una facoltà determinante per chi vuole studiare il futuro.
Il pensiero sistemico è uno strumento estremamente potente e versatile per analizzare la realtà.   Alcuni grandi maestri di questa branca scientifica sono stati in grado di capire molto tempo fa cose che stanno succedendo adesso, ma formulare previsioni dettagliate rimane e rimarrà impossibile.   Ad esempio, si può scommettere sul fatto che la popolazione umana mondiale si ridurrà in modo consistente nel corso di questo secolo.   Ma nessuno è in grado di dire come e quando questo avverrà nei diversi paesi.
Parimenti, sappiamo per certo che la quantità di energia netta disponibile diminuirà, ma non possiamo assolutamente dire con quali conseguenze per i differenti paesi e per le diverse classi sociali.
L’unica previsione che non teme smentite è che la realtà troverà sempre il modo di sorprendere chi la studia.


lunedì 9 novembre 2015

Il Club di Roma; quasi mezzo secolo dopo

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi



Il Club di Roma ha tenuto la sua assemblea generale a Winterthur, in Svizzera, il 16-17 ottobre 2015. Nell'immagine, potete vedere Ugo Bardi (al centro) insieme ai co-presidenti del Club, Anders Wijkman (a destra nella foto) ed Ernst Von Weizsacker (a sinistra).


Quasi mezzo secolo fa, nel 1968, Aurelio Peccei riuniva per la prima volta il gruppo che in seguito sarebbe diventato famoso come il “Club di Roma”. L'obbiettivo del gruppo non era quello per cui il Club è diventato famoso, “I Limiti dello Sviluppo”. A quel tempo, il concetto di limiti era vago e scarsamente compreso e l'interesse dei membri era, piuttosto, verso una distribuzione equa delle risorse della Terra. Ciò che ha spinto Aurelio Peccei era il tentativo di combattere la fame, la povertà e l'ingiustizia.

venerdì 19 giugno 2015

La crisi Ucraina: se Atene piange, Sparta non ride.

di Jacopo Simonetta.

La guerra in Ucraina sta avendo effetti politici importanti e, sotto molti aspetti, sorprendenti.   Le analisi ed i pareri sono però molto più numerosi delle informazioni che, per la gente comune, rimangono confinate al campo delle opposte propagande.

Farsi un’idea realistica di cosa sia successo e di cosa stia accadendo è dunque quasi impossibile, così come immaginare i possibili sviluppi. Tuttavia, un aspetto importante di questo vasto corpo di letteratura, più o meno seria, sull'argomento è che si concentra sulle ragioni, reali o presunte, delle parti in conflitto.   Ma in guerra non vince chi ha ragione, bensì chi commette meno errori ed ho la sensazione che tutti ne stiano compiendo di catastrofici.

Apparentemente, nessuno tiene infatti in considerazione lo sgradevole fatto che l’umanità intera, e dunque tutti i paesi coinvolti nel conflitto, hanno iniziato la fase di impatto contro i Limiti della Crescita.    Ad esempio, senza essere un esperto di geopolitica, trovo assurdo parlare di una possibile nuova Guerra Fredda, senza tener conto di fatti come il picco petrolifero.

Dunque, anziché sostenere le ragioni di questo o quel contendente, vorrei qui tentare di avviare una discussione circa la situazione a partire dai tre punti seguenti:

1 – Il sistema socio-economico globale è entrato in una crisi irreversibile che porterà al collasso della civiltà industriale e ad un brutale ridimensionamento della popolazione umana mondiale.   Probabilmente la fase acuta del collasso comincerà fra 10-20 anni al massimo, ma non colpirà tutti i paesi allo stesso modo e nello stesso momento.  Un conflitto di ampia portata accelererebbe necessariamente il processo, non solo per il numero di morti nei bombardamenti, ma soprattutto per la distruzione di risorse ed infrastrutture che ben difficilmente potrebbero essere riparate o ricostruite.    In altre parole, i conflitti attuali e futuri in un modo o nell'altro finiranno, ma la ricostruzione sarà impossibile o molto parziale tanto per i vinti che per i vincitori.

2 – L’economia attuale è totalmente interconnessa.    Abbiamo visto come una crisi partita dagli stati Uniti abbia travolto l’Europa e quindi  la Russia , poi il Brasile e quindi il resto del mondo, fino a raggiungere la Cina.   Questo significa che il collasso di uno degli attori principali, trascinerebbe seco anche tutti gli altri.   Una situazione completamente opposta a quella che si verificava durante la guerra fredda.

3 – I metodi di guerra attualmente utilizzati dalle potenze di primo e secondo livello (quelli che possono usare aviazione, artiglieria e mezzi corazzati) sono quanto di più dissipativo sia mai uscito dalle officine umane.   Il loro impiego comporta  una distruzione di risorse, capitale reale ed informazione spropositatamente alto rispetto alla distruzione di persone.    Questo significa che, terminato il conflitto, la popolazione superstite si troverà in condizioni ancora peggiori di quelle che avevano scatenato la violenza.    Con l’alternativa di continuare a combattere con mezzi progressivamente più semplici, o attendere che la miseria ristabilisca l’equilibrio fra popolazione e risorse.

Dunque, precisando che le notizie di base di cui dispongo sono solo quelle inaffidabili dei media, vorrei pormi una prima domanda:   ad oggi che il fronte sembra nuovamente infiammarsi, chi ha perso?   Direi quasi tutti, ma non nella stessa misura.

Più di tutti, mi pare che abbiamo perso gli abitanti del Donbass.   Indipendentemente da come andrà a finire, si troveranno a vivere in una territorio devastato, con un’infrastruttura civile ed industriale a pezzi che nessuno avrà i mezzi, né l’interesse a ricostruire.   Sia la Russia che l’Ucraina hanno un’infinità di aree industriali più o meno diroccate in cui investire (se potessero); difficilmente lo faranno per delle zone che presumibilmente rimarranno vicine ad un confine conteso.    L’entità del danno si può arguire dall'importanza dell’esodo.   Per ora, dalla regione pare siano fuggite circa un milione di persone di cui circa un terzo verso ovest e due terzi verso est.   Dove siano finiti i primi non è dato sapere, ma ai secondi il governo russo offre la scelta fra Il Chukotka [territorio artico dello Stretto di Bering] o il Kamchatka, dove l’accoglienza è stata finora ben organizzata.   Ma aumentando il flusso di profughi, qui come altrove, l’atteggiamento dei residenti sta virando dalla solidarietà all'ostilità.

Poi, in ordine, direi che comunque ha perso l’Ucraina.   Ha perduto due delle sue regioni economicamente più importanti ed è quanto meno molto improbabile che le recuperi.    E se anche le recuperasse, sarebbero oramai un peso e non un aiuto.   Inoltre, la sua economia, già in bancarotta, sarà ancora per molto tempo schiacciata da spese militari che, comunque, non potranno mai permetterle di competere con il potente vicino.   Ancora peggio, il prevedibile peggioramento delle situazione economica e le sconfitte sul campo rischiano di portare al potere i partiti ultra-nazionalisti di ispirazione neo-nazista che, per il momento, fanno gran figura sulla stampa internazionale, ma rimangono elettoralmente marginali.

Al terzo posto, direi che viene la Russia, la cui situazione necessita di qualche parola in più.  Le vittorie sul campo consolidano infatti il suo governo, ma ne aumentano l’isolamento internazionale, a tutto vantaggio delle fazioni più nazionaliste.   Cosa che riduce i suoi spazi di manovra a livello politico e pregiudica i rapporti sia con gli stati satelliti, sia con le repubbliche a maggioranza non  russa attualmente comprese nella federazione.    Anche se ricorrono alla medesima retorica, vedo infatti una grande differenza fra il patriottismo sovietico (assolutamente transazionale e basato sull'adesione ad un comune credo politico) ed il nazionalismo russo attuale(basato soprattutto sulla comunanza linguistica e religiosa).     Sostenere che “la Russia è dove ci sono dei  russi” è un approccio estremamente pericoloso.   Inoltre, l’aver  sottratto all'Ucraina le due regioni più densamente popolate da russi (in parte già possessori di doppia cittadinanza) preclude definitivamente la possibilità che a Kiev torni  un governo filo-russo.

Sul piano economico,  il calo del prezzo del petrolio ha dato un colpo formidabile alla già traballante economia russa, la cui fase di recupero era già terminata da tempo.     Se il ribasso dei prezzi dovesse durare a lungo, o ripresentarsi con una certa frequenza, gli effetti sarebbero devastanti, favorendo per altra via i partiti estremisti, a danno dei rapporti con gli stati satelliti ed i compatrioti non russi.
Al momento, l’isolamento internazionale sta spingendo la Russia a cercare l’appoggio cinese.   Al di la dei toni della propaganda,  per il momento Pechino sostiene Mosca nella misura in cui questo infastidisce gli americani e permette a loro di ottenere contratti particolarmente vantaggiosi.   Non sarà mai la Cina a sostenere i diritti di una provincia ribelle.    Tuttavia, perdurando la situazione, il quadro potrebbe cambiare ed, effettivamente, spingere Mosca ad un sodalizio strutturale con Pechino, ma non credo che sarebbe una buona cosa per i russi.    Da quando la spinta colonizzatrice russa si esaurì nella carneficina della guerra russo-giapponese, i rapporti fra i due giganti sono sempre stati  complessi ed evitare un massiccio ritorno di popolazione cinese nell’estremo oriente russo è sempre stata  una preoccupazione per Mosca.    Una partita probabilmente già persa.   Attualmente, le stime dei residenti cinesi in Russia variano fra 200.000 e 3.000.000 il che, di per se, la dice lunga sul livello di controllo che le autorità russe riescono ad avere.

L’unica cosa sicura è che si tratta di una cifra in aumento, mentre i rapporti commerciali transfrontalieri  sono diventati anche più intensi di quelli con il remoto ovest del paese.    Una combinazione a mio avviso molto pericolosa, dal momento che un mix di penetrazione commerciale ed insediamento di consistenti comunità Han è esattamente la strategia con cui Pachino sta portando avanti la colonizzazione dei suoi satelliti.    Finora, i robusti rapporti politici e commerciali con l’EU avevano dato a Mosca una sponda per contrastare il fenomeno, ma d’ora in poi?

Un altro aspetto importante è che, per sviluppare con la Cina rapporti commerciali tali da sostituire quelli attualmente in atto con l’Europa, sarebbe necessario costruire da zero una rete di migliaia di chilometri di strade, oleodotti e gasdotti, con tutte le infrastrutture annesse e connesse.   Uno sforzo titanico che non è affatto detto che in un futuro dominato dai ritorni decrescenti sempre più sfavorevoli sia possibile.   Inoltre, questo genere di infrastrutture sono particolarmente vulnerabili sia ad attacchi militari che terroristici, oltre che al vicende climatiche quali lo scioglimento del permafrost e gli incendi che, sempre di più, stanno cambiando la geografia della Siberia.

Infine, credo che occorra tenere presente che la Russia, fra alterne vicende, è una potenza in declino, come l’Europa.   La Cina è viceversa l’unica potenza emergente a livello mondiale, alla disperata ricerca di spazi geografici, politici e commerciali per espandersi, pena declinare rapidamente a sua volta.   I rapporti fra i due non possono essere simmetrici.

Al quarto posto fra i perdenti viene l’Europa nel suo complesso, ma forse meriterebbe un terzo posto ex-equo con la Russia.   Il gelo dei rapporti con Mosca ha infatti conseguenze economiche negative importanti, ma ancor peggio di ciò, sta favorendo l’emergere di un insolito sodalizio tra formazioni di estrema destra e di estrema sinistra, accomunate dall'odio per l’Europa e dall'amore per una Russia variamente idealizzata.


La cosa non sarebbe preoccupante, se non si intrecciasse strettamente con la politica attualmente perseguita dai principali governi europei.   Politica tendente a ridurre le istituzioni europee a dei semplici passa-carte delle decisioni dei governi  delle nazioni principali, oltre che comodo capro espiatorio cui accollare responsabilità che, perlopiù , sono dei governi nazionali stessi.     In pratica, la vicenda Ucraina si inserisce in un contesto  in cui i partiti europei di maggioranza stanno attaccando la costruzione europea, senza volerla però distruggere del tutto.  Mentre molte opposizioni vogliono decisamente liberarsene e nessuno pare più trovare valore alcuno nella più innovativa iniziativa politica del XX secolo.    In questo quadro,  la fiammata di popolarità di cui Putin sta godendo  sia fra la destra che fra la sinistra europee potrebbe avere conseguenze molto gravi per tutti noi.

Fra i parziali vincitori, per ora, penso che si possano annoverare gli USA, la cui presa sul vecchio continente risulta rafforzata e, soprattutto,  la Cina.   Come ho accennato, per il momento questa sta facendo ottimi affari, ma in una prospettiva di medio periodo ha buone possibilità di satellitizzare lo storico avversario.   Una prospettiva estremamente preoccupante, considerando che una Cina capace di accedere liberamente alle residue risorse russe ed in grado di utilizzare il suo tuttora immenso potenziale militare diventerebbe un avversario potenzialmente in grado di imporre la sua egemonia a buona parte del pianeta.

Fin qui lo stato delle cose, ma quali le prospettive?   Molti vagheggiano un ritorno alla Guerra Fredda che, a quanto pare, ha molti nostalgici su entrambi i fronti della barricata.   Ma i tempi sono cambiati e con essi le prospettive.    Per capire quanto, suggerisco di considerare che, piaccia o non piaccia, il peso geo-politico di un paese è molto approssimativamente correlato con il suo potenziale industriale-militare.   Quindi, sempre molto approssimativamente, con la quantità di energia che riesce ad utilizzare e dissipare.    (I grafici sono estratti da un post di Paul Chefurka, il quale, a sua volta, li ha ricavati dai dati pubblicati dalla BP.   Il dato relativo alla Russia nel 1970 manca nell'originale e lo ho estrapolato molto indicativamente dai dati relativi alla Russia del 1990, data alla quale la produzione industriale russa era circa la metà di quella sovietica di 20 anni prima.)  

Dunque si può molto sommariamente arguire che nel 1970 la dissipazione di energia in USSR fosse poco superiore  a quella EU.   Circa la metà della somma USA+EU, ma con un potenziale militare pari (o forse superiore) per la molto maggiore percentuale di risorse che i sovietici devolvevano alle forze armate.   In ogni caso, la Cina era un nanerottolo termodinamico, di taglia addirittura inferiore a quella del Giappone e della sola Germania.


Si voglia confrontare la situazione nel 2013.


Il nanerottolo oggi è la Russia, mentre USA ed EU sono entrambe state surclassate dalla Cina, che non nasconde più le sue ambizioni imperiali su buona parte dell’Asia e dell’Africa.    Si noti anche che nel 1970 la maggior parte dei “magnifici 7” erano europei, mentre oggi sono asiatici e che il cosiddetto club dei “BRICS” è composto da una super potenza (la Cina) e da quattro "mezze cartucce” che, tutti insieme, non arrivano alla metà del “dragone”.    È ovvio che un eventuale sodalizio fra loro sarebbe, di fatto, il riconoscimento di un’egemonia cinese sugli altri stati, analogamente a quanto è avvenuto fra gli USA ed gli altri paesi occidentali.

Tornando ad un’ipotetica guerra fredda 2, potrebbe accadere se il mondo tornasse a dividersi in due blocchi di potenza industriale e militare circa equivalenti, cosicché nessuno dei due osi attaccare l’altro direttamente.   Allo stato attuale delle cose sembrerebbe possibile solamente se le due parti fossero USA +EU da un lato e Cina dall'altro.   Un “grande gioco” in cui  La Russia avrebbe delle buone opportunità facendo del cerchiobottismo fra i due schieramenti.   Per quanto industrialmente drasticamente ridimensionata, la Russia è infatti ancora una potenza militare di primo piano e dispone di risorse rilevanti.   Entrambi gli ipotetici schieramenti avrebbero quindi interesse a coltivarne l’”amicizia”.    Viceversa, se la scelta fosse  quella di attaccarsi stabilmente al carretto cinese, credo che la Russia finirebbe con il diventare, in buona sostanza, una colonia di Pechino.    Una specie di contrappasso storico, a 100 anni circa di distanza.

Ma non credo che questo sia uno scenario realistico, perlomeno non nell'immediato futuro.   Semplicemente perché la reciproca dipendenza economica tra tutte le parti in causa è troppo elevata affinché uno dei giocatori si possa permettere di buttare all'aria le carte.   Insomma, fra i tanti svantaggi della globalizzazione, ci sarebbe anche un vantaggio importante: il fatto di rendere praticamente impossibile una guerra mondiale.

Questo finché rimane in piedi il "Business As Usual".    Nonappena le curve dell’economia e della disponibilità energetica globali saranno abbassate in misura sufficiente, il sistema comincerà a disgregarsi, presumibilmente a partire dei livelli di complessità maggiori, per riorganizzarsi in sistemi  progressivamente più piccoli e meno dissipativi.

Il livello maggiore in assoluto è ovviamente quello globale, che già mostra segni evidenti di senescenza.    Subito dopo vengono i mega-stati o meta-stati: USA, Russia, EU, India e Cina.   Di questi, la Russia ha già subito un primo round di disgregazione e sembra quasi matura per un secondo.   India, Europa ed USA si contendono il posto di prossimo candidato ad un analogo destino, forse anche prima della Russia.   Anche la Cina non è poi quel monolite assoluto che cerca di sembrare, ma non c’è dubbio che la triade partito-esercito-polizia abbia per ora la situazione in pugno.   Finché questa triade non vacillerà, la Cina non si sfascerà.   Sembra quindi che un periodo di egemonia cinese su buona parte del mondo sia oramai ineluttabile.   Salvo che gli ci vorrebbero almeno altri 20 anni per arrivarci e probabilmente non ce li ha.    Personalmente, vedo infatti due grossi ostacoli verso l’affermazione di un “Impero Giallo Mondiale”.

Il primo è che in un mondo in cui la crescita economica è oramai da tempo un gioco a somma negativa, la crescita della Cina può avvenire solamente a spese degli altri paesi del mondo, soprattutto di USA e UE  (esattamente come è avvenuto nei 20 anni scorsi).   Ma abbiamo visto che il deterioramento delle economie occidentali danneggia anche quella cinese.   Dunque se la Cina vince troppo, rischia di andare a rotoli.

La seconda è che, se davvero l’evoluzione del sistema globale procederà come previsto, il collasso avverrà prima che la Cina abbia potuto consolidare il suo impero.   O , perlomeno, questo sarà di assai breve durata.
L’aspetto negativo è che, collassando il sistema globale, tutti i giocatori si troveranno ridimensionati, ma anche meno interdipendenti.  Di conseguenza, le probabilità di un conflitto ad elevata intensità aumenteranno considerevolmente.  Anche perché attaccare i paesi vicini potrebbe diventare la disperata alternativa allo scoppio di guerre civili.   In parecchi paesi, fra cui Russia ed USA, si direbbe che siamo già vicini a questo limite.

Dunque, per tornare al conflitto ucraino, se tutti i diretti interessati hanno già perso, ancor più sarà quello che perderanno se, come pare che vogliano fare, continueranno sulla strada attuale.   Trovare un ragionevole compromesso e saldare una coalizione anti-cinese  sarebbe, a mio avviso, l’unica ipotesi ragionevole tanto per la Russia, quanto per EU ed USA.   Questo non impedirebbe la loro disintegrazione, ma potrebbe permettergli di guadagnare tempo e di limitare i danni.

Ma non mi pare che sia questo l’orientamento in nessuna delle capitali coinvolte.


sabato 7 marzo 2015

Lo Sviluppo dei Limiti

(post originariamente pubblicato su "Rimedio Evo")

Di Marco Sclarandis                                   


                                  
                                 
Questa immagine non proviene da una rivista di taglio e cucito. ma da un manipolo di giovani ricercatori che più di quarant'anni fa intuirono che per davvero stavamo avvicinandoci al tempo in cui ogni cosa sarebbe stata contata.

Ora ci siamo.

Si tratterebbe ormai solo più di credere alle evidenze che copiose arrivano da tutto il mondo tutti i giorni e da tempo, anche.

La formula-matrioska é quattro terzi pi greco erre tre*.

Se applicata al volume della Terra si ottiene: 1083 miliardi km cubi ed una superficie di 510 milioni di km quadrati.

Da questi due numeri ne discende una cascata scrosciante di conseguenze ineluttabili.
Ma una che le riassume tutte è "Non esiste alcuna economia in crescita illimitata in un luogo limitato".

E questo luogo è la Terra. 

E forse anche l'Universo, quello osservabile per lo meno.

Su ogni chilometro quadrato di Pianeta c'è più d'una dozzina di gente come noi, (tutta la gente è comunque gente, che lo si voglia o no).

Che, almeno nelle intenzioni, vorrebbe crearsi il personale Giardino dell'Eden a proprio gusto e somiglianza.

Più tutte altre creature che quanto a intenzioni non sono da meno di noi.

Sono tempi interessanti. Cinici, cinesi e cinematici.

Riusciremo a viverli con regale portamento?

* http://utenti.quipo.it/base5/geosolid/volsfera.htm

Marco Sclarandis

sabato 28 febbraio 2015

Stasera, al via "Scala Mercalli" su Rai 3, a partire dalle 21:30


La miniera di rame nel deserto di Atacama, in Cile (foto di Radomiro Tomic)

Stasera su Rai 3, la prima puntata di "Scala Mercalli". Ci sarà anche una breve apparizione del sottoscritto, Ugo Bardi, che parlerà dei "Limiti alla crescita" e dell'esaurimento delle risorse minerali.

Ho già visto gran parte del programma durante la registrazione; ci sono dei filmati interessantissimi e originali, specialmente delle miniere di rame di Atacama, in Cile, mai visti prima di oggi!

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Prima puntata di "Scala Mercalli"

28-02-2015 21:30

Prima puntata

Sabato 28 febbraio alle 21.30 prende il via  un nuovo programma di Rai 3 “Scala Mercalli”, girato in uno studio realizzato appositamente all’interno della F.A.O.  e condotto da Luca Mercalli, climatologo e divulgatore scientifico. Sei puntate in prima serata, ogni sabato, dedicate ai problemi  più urgenti  per la salvaguardia del Pianeta Terra.

Nella prima puntata: che clima ci aspetta domani ? E quanto ancora potremo sfruttare le risorse del pianeta che ci ospita ?

“Scala Mercalli” mostrerà le evidenze scientifiche attraverso documentari originali girati in tutto il mondo, dove gli scienziati mostreranno i risultati delle loro ricerche e le popolazioni ci faranno capire le ricadute sulla loro vita quotidiana del cambiamento climatico.

In Australia  aumenta  la febbre della Terra e gli effetti del surriscaldamento sono tanto evidenti  da portare il Bureau of Meteorology, uno dei più importanti al mondo, a classificare con un nuovo colore le zone del continente che hanno già raggiunto i 50 gradi centigradi di temperatura.

In Cile la miniera di rame a cielo aperto più grande del mondo non produce più oro rosso a sufficienza per soddisfare i bisogni dell’umanità, che utilizza questo bene prezioso in tutte le tecnologie più avanzate e leggere, dal cellulare al tablet. Un’azienda italiana sta costruendo il più lungo tunnel per penetrare in profondità ed estrarre rame che soddisfi i bisogni planetari per i prossimi decenni.

In Svizzera Luca Mercalli ci mostra l’Osservatorio di Jungfraujoch, a quasi 3.500 metri di altezza.

A Londra e a Monteveglio in provincia di Bologna, scopriremo come i cittadini più consapevoli hanno aderito al movimento delle Transition Towns, per realizzare un futuro più ecosostenibile.

Ospiti in studio Ugo Bardi, docente di chimica all’università di Firenze, esperto in esaurimento delle risorse e Tim Jackson, docente di economia sostenibile, all’università di Surrey, in Inghilterra. 
- See more at: http://www.scalamercalli.rai.it/dl/portali/site/news/ContentItem-c06cfe04-3c61-4fb4-a866-48427b23ca1b.html?refresh_ce#sthash.2D2ThZAq.dpuf